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Immagine del redattoreAvv Aldo Lucarelli

La gestione delle farmacie comunali, la concessione


Sovente ci si imbatte nel quesito:


è possibile una formula differente nella gestione della farmacia comunale da quelle previste dall'art. 9 della legge 475 del 1968?

In primo luogo è opportuno precisare che in materia di organizzazione dei servizi farmaceutici, la Corte costituzionale, con sentenza n. 255/2013, ha chiarito quali siano le competenze relative al servizio farmaceutico, precisando che "la legislazione statale distribuisce le competenze distinguendo tre tipi di attività.

1) In primo luogo, vi è la determinazione del numero delle farmacie (cosiddetta disciplina del contingentamento delle sedi farmaceutiche), per la quale il legislatore statale, pur non precisando il soggetto competente alla determinazione, detta una specifica proporzione (una farmacia ogni 3.300 abitanti).


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2) In secondo luogo, vi sono la individuazione delle nuove sedi farmaceutiche e la loro localizzazione, attività che la normativa statale demanda ai Comuni (l'art. 2 della legge 2 aprile 1968, n. 475, recante "Norme concernenti il servizio farmaceutico", così come modificato dall'art. 11, comma 1, lettera c), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 - Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività - , convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, stabilisce che "il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie ...").


3) In terzo luogo, vi è l'assegnazione dei servizi farmaceutici attraverso procedure concorsuali, a cui segue il rilascio delle autorizzazioni ad aprire le farmacie e a esercitare detti servizi; per queste attività, il legislatore statale determina i requisiti di base per la partecipazione ai concorsi ai fini del rilascio delle autorizzazioni all'esercizio dei servizi farmaceutici, attribuendo alle Regioni e alle Province autonome la competenza ad adottare i bandi di concorso (art. 4 della legge 8 novembre 1991, n. 362 - Norme di riordino del settore farmaceutico; art. 11, comma 3, del d.l. n. 1 del 2012)".


La gestione delle farmacie comunali


La giurisprudenza e da ultimo il parere CdS 687/22 ha esaminato più volte la questione concernente l’ammissibilità di forme di gestione delle farmacie comunali non previste dall’articolo 9 della l. 475 del 1968, poiché, ad esempio, fra le forme di gestione individuate dalla predetta norma speciale non è stato previsto l’affidamento in concessione a terzi.


Sul punto osserva la sentenza, sez. III, 13 novembre 2014, n. 5587, che lo stesso legislatore ha previsto forme di gestione del servizio farmaceutico comunale ulteriori rispetto a quelle indicate nell'art. 9 della legge 475 del 1968 che, dunque, non sono tassative.


Ed invero, “non si dubita … che la gestione di una farmacia comunale possa essere esercitata da un comune mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), benché tale modalità non sia stata prevista dal legislatore del 1968 (e del 1991), in coerenza con l’evolversi degli strumenti che l’ordinamento ha assegnato agli enti pubblici per svolgere le funzioni loro assegnate; e non si dubita che la gestione possa essere esercitata, come si è accennato, anche da società miste pubblico/private (…), con il superamento del limite dettato dall’art. 9 della l. n. 475 del 1968, secondo cui la gestione poteva essere affidata a società solo se costituite tra il comune e i farmacisti. (…) L’affidamento della gestione è peraltro consentito in house a patto che il Comune eserciti sulla società un “controllo analogo” a quello che eserciterebbe su proprie strutture organizzative, nel concetto di controllo analogo essendo peraltro ricompresa la destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione aggiudicatrice”.





È stato altresì chiarito con la stessa pronuncia che “si deve ritenere che un comune, nel

caso in cui non intenda utilizzare per la gestione di una farmacia comunale i sistemi di gestione diretta disciplinati dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968, possa utilizzare modalità diverse di gestione anche non dirette; purché l’esercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti all’esercente a tutela dell’interesse pubblico.


In tale contesto, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non può oramai più ritenersi escluso l’affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica.


Del resto l’affidamento in concessione a terzi attraverso gare ad evidenza pubblica costituisce la modalità ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico”.

Peraltro, si ritiene oggi unanimemente che l’assenza di una norma positiva che autorizzi la dissociazione tra titolarità e gestione non crei un ostacolo insormontabile all’adozione del modello concessorio.


Con riguardo al profilo afferente alla tutela della salute, l’obiettivo del mantenimento in capo al Comune delle proprie prerogative di Ente che persegue fini pubblicistici può essere garantito – in caso di affidamento a terzi – dalle specifiche regole di gara e, più precisamente, dagli obblighi di servizio pubblico da imporre al concessionario, idonei a permettere un controllo costante sull’attività del gestore e di garantire standard adeguati di tutela dei cittadini. In questo senso, l’impostazione risulta perfettamente in linea con il principio comunitario di proporzionalità, per cui le restrizioni al regime di piena concorrenza sono effettivamente ammesse nei limiti in cui risulti strettamente necessario con l’obiettivo da perseguire (nella specie, la salvaguardia della salute pubblica e del benessere dei cittadini) (così T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 1 marzo 2016, n. 309).


Conclusivamente per rispondere al quesito,

La gestione delle farmacie comunali, la concessione: sulla base delle norme e della giurisprudenza richiamate, si osserva che la gestione di una farmacia comunale – da qualificarsi, si ripete, servizio pubblico di rilevanza economica –, può essere esercitata dall’ente, oltre che con le forme dirette previste dal citato articolo 9 l. n. 475 del 1968, sempre in via diretta, anche mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), ovvero può essere affidata in concessione a soggetti estranei al comune previo espletamento di procedure di evidenza pubblica in modo da garantire la concorrenza.




Avv. Aldo Lucarelli

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