Farmacisti, il possesso dei requisiti ai fini del concorso va verificata in due momenti, quello iniziale e quello dell'assegnazione, ma cosa dire se dal primo al secondo momento trascorrono anni?
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Infatti, con la sentenza n. 1050/2017, il CdS ha evidenziato, con riferimento all’ orientamento dell’Adunanza Plenaria per il quale le qualificazioni richieste dal bando debbono essere possedute dai concorrenti non solo al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma anche in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell’appalto, senza soluzione di continuità (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 8/2015), che tale principio non può essere letto se non coordinatamente al suo presupposto.
Infatti, la Plenaria ha precisato che il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall'atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica, non in virtù di un astratto e vacuo formalismo procedimentale, quanto piuttosto a garanzia della permanenza della serietà e della volontà dell'impresa di presentare un'offerta credibile e dunque della sicurezza per la stazione appaltante dell'instaurazione di un rapporto con un soggetto, che, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto e poi ancora fino all'adempimento dell'obbligazione contrattuale, sia provvisto di tutti i requisiti di ordine generale e speciale per contrattare con la P.A.
Farmacisti, la permanenza dei requisiti durante i concorsi
Sicché il CdS ha evidenziato che
“Il presupposto perché un simile requisito possa porsi a base di un giudizio di affidabilità così pregno di rilevanza ed effetto, risiede nell’esistenza di un rapporto fra impresa ed amministrazione, dapprima caratterizzato da un momento procedimentale in cui l’impresa formula l’offerta e si impegna a mantenerla ferma nei suoi requisiti oggettivi e soggettivi, per tutta la durata della gara, e poi da un momento contrattuale in cui l’impegno si traduce in concrete obbligazioni reciproche”.
Quando, tuttavia, la gara è aggiudicata ed il contratto stipulato, deve differenziarsi la posizione dell’aggiudicatario da quella delle imprese concorrenti collocatesi in posizione non utile. Mentre per il primo, il momento contrattuale costituisce l’appendice negoziale e realizzativa della procedura ed impone il mantenimento, giusto quanto chiarito dalla Plenaria, dei requisiti richiesti e dichiarati in sede di partecipazione, per le seconde la procedura è da considerarsi terminata: “l’offerta formulata non è più vincolante nei confronti dell’amministrazione e cessa quel rapporto che si era instaurato con la domanda di partecipazione”.
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Da tali rilievi discende il conseguente indirizzo ermeneutico che giova nel caso che occupa: “E’ pur vero che nelle ipotesi in cui l’amministrazione decida legittimamente di scorrere la graduatoria non vi è l’indizione di una nuova selezione concorsuale, né formulazione di nuove offerte, ma ciò non vale ad elidere l’oggettiva circostanza che tra l’evento terminale della procedura di evidenza pubblica, i.e. l’aggiudicazione, e la riapertura a seguito dell’interpello per lo scorrimento, c’è una netta cesura, determinata dall’efficacia temporale delle offerte (che la legge limita nel tempo), tant’è che la stesse devono essere “confermate” in sede di interpello”.
Di tal ché
“sarebbe irragionevole pretendere (non già il possesso dei requisiti, ma) la continuità del possesso per un periodo indefinito, durante il quale non c’è alcuna competizione, alcuna attività valutativa dell’amministrazione e, per giunta, alcun impegno vincolante nei confronti dell’amministrazione”.
Ciò è quello che è accaduto nel caso di specie, laddove, dopo un lunghissimo periodo l’Amministrazione ha inteso indire un nuovo interpello, non essendo andati a buon fine i precedenti e conseguentemente ha avviato lo scorrimento della pregressa graduatoria.
Nella specie che occupa infatti, il pretendere sine die che i concorrenti mantenessero i requisiti inalterati, sarebbe stata condizione sproporzionata, con la conseguenza
che l’interpretazione del bando, alla luce dei canoni di proporzionalità e buona amministrazione, devono far ritenere che per la sussistenza del requisito previsto dal bando,
deve farsi riferimento a due momenti distinti, ovvero, il momento di partecipazione al concorso ed il momento dell’assegnazione della sede farmaceutica.
Con la conseguenza che l’originaria esclusione della parte per aver acquisito una quota di una farmacia non poteva ritenersi ostativa, alla partecipazione al successivo interpello.
Il requisito previsto dal bando invece sussisteva al momento del primo avvio della procedura e poteva essere rispristinato. CdS 2763.2022.
Avv. Aldo Lucarelli
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