Riportiamo una disamina giurisprudenziale, che in sintesi ripropone quanto già piu' volte scritto nei post, ovvero il divieto degli atti elusivi ed in frode alla legge, allorquando quindi tramite una pluralità di atti si cerchi di raggiungere un risultato che "sostanzialmente" è vietato dalla legge o dalla normativa concorsuale.
Ad avviso di una parte del pensiero in tema concorsuale, nella gara pubblica concorsuale dovrebbero essere esclusi quei concorrenti che, seppure ad oggi abbiano ceduto quote di società di capitali, abbiano comunque trasferito la titolarità della farmacia in un momento antecedente e, precisamente, all’atto della trasformazione dell’originaria società di persone, partecipante al concorso straordinario, in successiva società di capitali.
Questo pensiero nasce dal filone della controversia Campana, nel quale si argomenta tra differenziazione della cessione di una quota minoritaria di Srl (attività ritenuta legittima), a differenza della cessione di una quota di società di persone, che in quanto inglobante la titolarità della farmacia, sarebbe quindi illegittima.
Ed ecco quindi che emergerebbe, dunque, per tabulas, ovvero per atti estratti dal registro imprese, che la titolarità di farmacie, assegnata originariamente ad una società di persone, ed oggetto di cessione (in occasione della trasformazione) in favore di una società di capitali, la qual cosa confermerebbe la violazione dell’art. 12, co. 4, L. n. 475/1968, siano comunque da ritenersi "illegittime" in quanto attività poste elusivamente ai fini concorsuali.
Né avrebbe potuto essere altrimenti, dovendosi, invero, distinguere il piano concorsuale da quello successivo gestionale.
Soggiunge il Tar, la partecipazione in forma associata al concorso straordinario ai sensi dell’art. 11, comma 7, D.L. n. 1/2012 (richiamato espressamente dall’art. 3 del bando) comportava, in realtà, un mero cumulo di titoli, in vista della futura gestione associata della sede, che si sarebbe realizzata laddove, portando ad un utile posizionamento sul piano della graduatoria, avrebbe condotto all’assegnazione della sede a quegli stessi farmacisti, persone fisiche.
Solo in tale momento si sarebbe poi posto l’effettivo problema della gestione della farmacia in forma collettiva. In questo senso, la partecipazione in forma associata di cui al predetto art. 11, comma 7, D.L. n. 1/2012, non costituiva, “un ente giuridico diverso dai singoli farmacisti, ma era espressione di un accordo partecipativo, comportante il cumulo dei titoli a fini concorsuali e inteso ad assicurare la gestione associata della farmacia in forma paritetica, solo una volta ottenuta la sede, nelle forme consentite dall’art. 7, comma 1, l. 362/91” (società di persone, società cooperative a responsabilità limitata e, successivamente, società di capitali) (Cons. di Stato, Ad. Plen., 17 gennaio 2020, n. 1).
Al concorso straordinario de quo hanno quindi partecipato più farmacisti in forma associata, con l’obbligo di mantenere la gestione associata paritaria per tre anni, ai quali, pertanto, si assegnava la contitolarità della sede e che, non potendo le associazioni svolgere attività commerciale, dovevano necessariamente gestire l’esercizio con una società costituita nelle forme dettate dall’art 2249 cc (snc, sas, srl).
Vero è che “sarebbe irragionevole pretendere (non già il possesso dei requisiti, ma) la continuità del possesso per un periodo indefinito, durante il quale non c’è alcuna competizione, alcuna attività valutativa dell’amministrazione e, per giunta, alcun impegno vincolante nei confronti dell’amministrazione” (Cons. di St., sez. III, 13/04/2022, n. 2763). Sul possesso prolungato dei requisiti abbiamo già scritto in altri post.
Nel caso di specie, il concorso ha avuto inizio nel 2013 e ad oggi le sedi non sono ancora state assegnate a distanza di quasi 10 anni.
Tale considerazione non deve però tradursi in una violazione della legge o, meglio, della sua ratio, eludendone le finalità di garanzia che le sono proprie. La disciplina di settore va, cioè, interpretata, oltre che con riferimento al dato letterale, anche in base ad una collocazione sistematica della stessa rispetto al complesso delle disposizioni vigenti in materia e sempre tenendo come riferimento, sotto il profilo teleologico, la ratio ad essa sottesa.
Ove la titolarità delle predette farmacie, assegnata originariamente ad una società di persone, sia stata oggetto di cessione, in occasione della trasformazione, in favore di una società di capitali, la costituzione della società per azioni, tramite il collegamento negoziale sottostante, costituisce effettivamente un espediente attraverso il quale eludere la finalità perseguita dall’art. 12, co. 4, della l. n. 475/1968 – impedire, cioè, che i farmacisti persone fisiche possano perseguire, sia pure indirettamente, lo scopo di lucro attraverso la monetizzazione di più sedi farmaceutiche ottenute tramite diversi bandi di concorso - e come tale la suddetta operazione deve ritenersi preclusa, incorrendo nella condizione ostativa ivi prevista (cfr. per un caso analogo, Cons. di St., sez. III, 2.08.2022, n. 6775).
In altri termini, in tale ipotesi, il trasferimento della farmacia è, invero, avvenuto a monte, all’atto della trasformazione della società di persone in società di capitali, primo momento della operazione negoziale complessivamente intesa, divenendo poi irrilevante, ai fini escludenti, la successiva cessione di quote della società a responsabilità limitata, già costituita, di per sé, invece, astrattamente consentita in quanto partecipazione meramente finanziaria.
In conclusione, anche lì dove la cessione della farmacia, avvenga non dalla cessione di quote di società di persone, ma successivamente tramite il meccanismo della cessione minoritaria di quote di Srl, a seguito di trasformazione, tale attività dovrà ritenersi elusiva, in quanto raggiunge un fine, ovvero la monetizzazione della sede derivante dal concorso, vietato dalla legge, ai fini di una nuova partecipazione concorsuale.
Diritto Farmaceutico ed assistenza societaria
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